I nostri pensieri sono veramente nostri, oppure appartengono ad altri?

03.10.2018

I nostri pensieri sono veramente nostri, oppure appartengono ad altri?

Nei deserti luoghi delle fabbriche, degli ospedali, di tutti gli ambienti lavorativi in genere. Se si rinuncia a pensare, a ragionare, la produttività esasperata ci trasforma in un pezzo meccanico, un oggetto inerme, una cosa fredda senza senso.

La parola persona nella sua radice epistemologica significa maschera, gli esseri umani si "disentificano" completamente e diventano cose, oggetti. Noi diventiamo quello che pensiamo di essere, in questo caso al contrario, facciamo ciò che poi pensiamo di essere. 

Il riposo del sabato pomeriggio, della domenica, malinconico e necessario, ci ricorda che siamo esseri pensanti, la capacità produttiva (la salute della gallina) si evidenzia e la produzione armonica (delle uova d'oro) diventa consapevole.

Simone Weil, rinuncia al posto di insegnate in lettere e filosofia per lavorare in fabbrica, direbbe che "lavorare con irritazione significa morire di fame".

<< "I miei compagni non hanno, credo al medesimo grado il senso di questa condizione, non hanno pienamente capito che sono schiavi. Le parole "giusto" e "ingiusto" hanno evidentemente conservato, per loro, fino ad un certo punto, un senso; in una situazione dove tutto è ingiustizia" >>.

Anche Mosè, in Egitto, fa render conto al popolo di Israele di esser schiavo e parte la rivoluzione. 

Sblocchiamo il disco rotto che gira all'infinito (loop, routine, abitudini), impegniamoci nella consapevolezza guidando la nostra vita in modo umano (con umanità).

Pensiero pensato da altri. Oppure pensiero pensante, ovvero, da noi stessi? 

Oggetto o soggetto?



grazie per l'ascolto da Hermes