Il Vestitino Pulito

Il Vestitino Pulito è la nostra ombra


Ci sentiamo perfettini, giustizialisti, buonisti, stacanovisti, santini. Un immagine, un etichetta, un ruolo sociale da rivendicare a tutti i costi. La spasmodica necessità di avere, possedere, conquistare un posto che ci caratterizzi definitivamente, ci dia una forma dettagliata e catalogata.

Ma se questo è un uomo?

Facciamo rispondere a questa domanda a Primo Levi, Vittorio Franco, Anna Franck, Maria Kolbe, ed a tutti i deportati nei campi di concentramento. Facciamo che siano loro stessi a dare un senso compiuto ed un significato all'esistenza, al comune destino di tutti gli esseri viventi (di ogni essere vivente). 

Possiamo pensare ad un treno merci che trasporta dei pezzi, degli oggetti, del bestiame. Si muove lentamente ma in modo inesorabile verso una meta conosciuta da tutti, ma dimenticata all'occorrenza dalla memoria "per sopravvivere un giorno di più, perché la speranza esiste nel giorno in più e nel tempo che rimane ancora da vivere". 

Il Vestitino Pulito che noi conosciamo è cosi ordinato e composto, minuziosamente abbellito. Non accetta critiche, non accetta contestazioni, fa finta di ascoltare ma rimane immobile, come un manichino bello da vedere ma inanimato nella sua essenza siliconata.   

Professore, Dottore, Funzionario, Onorevole, Signor Ministro, tutte delle belle maschere, tipiche delle rappresentazioni dell'Antica Grecia.

La zona di confort non esiste, basta un malanno, un lutto, una delusione, un fallimento di qualunque genere, per ritornare con i piedi per terra alla realtà più comune. Non esiste la zona di sicurezza e nemmeno una particolare qualità da rivendicare se non quella umana. Maggiori e minori responsabilità sono il frutto di una mentalità relativista, arrivista, limita, limitante, dimentica della presenza indispensabile di ogni essere vivente. 

Il giudizio sociale crea sofferenza, la valutazione catalogante di noi stessi ci trasforma davvero in oggetti, pezzi, alla stregua dei deportati nei campi di concentramento ma questa volta la coercizione fisica nazista, può aspettare, abbiamo la possibilità pacifica di determinarci collaborando.


Carmelo Guerriera ringrazia per l'ascolto